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La Dottoressa Gustalavita

mangiopositivo
Pubblicato da Elisabetta Giovetti in Dottoressa Gustalavita · 12 Giugno 2014
Tags: E'pazza!




      

Lella stasera mi ha tenuto quasi un’ora al telefono. Alla fine non ne potevo più.  
E’ andata da questa nuova dottoressa.
«Eh…e com’è?»
«Strana. Ma molto simpatica.»
Mi ha raccontato tutto del suo studio. Come aveva la scrivania, le sedie. Di che colore aveva le tende e i quadri. E’ rimasta molto impressionata da un’ immagine di Marilyn Monroe appesa proprio vicino alla sedia in cui era seduta. Si sentiva scrutata e un po’ derisa da quell’icona della bellezza. Ha trovato la cosa di cattivo gusto. Poi è passata a descrivermi la Gustalavita. Ha poco più di quarant’anni. E’ vestita a colori sgargianti che accompagna con altrettanti vivaci rossetti. Parla in maniera chiara e calma, senza i paroloni tipici della sua categoria. Dà sicurezza e dopo un po’ Lella ha cominciato a sentirsi compresa e accompagnata in questo difficile percorso per perdere peso.
La dottoressa le ha spiegato perché non usa più né diete, ne pesi, ne grammi. Poi le ha chiesto  a che peso vorrebbe arrivare. Lella ha risposto che il suo obbiettivo erano i famosi cinquanta chili.
«Ma quando aveva quel peso lì?»
«A vent’anni.»
E già dicendolo si era accorta di quanto irreale fosse il suo obbiettivo. Infatti la dottoressa le ha spiegato che il peso ideale non è un numero magico o un numero fisso come quello delle scarpe. Il peso varia a seconda dell’attività fisica, del tipo di vita, ma anche in funzione dell’età, e ovviamente dell’introduzione di cibo, che però è solo uno dei fattori che concorrono a determinare la corporatura di una persona. Le ha detto che con la sua storia di diete ripetute e recuperi un risultato realistico potrebbe essere arrivare a sessantadue, sessantatre chili.
«Ma io voglio calare di più!» ha protestato la mia amica.
«Il corpo umano non è un rubinetto che si apre e si chiude come si vuole. Ha le sue regole e una biologia ben precisa, combatterla significa perdere di sicuro. Un risultato soddisfacente non è necessariamente un peso più basso, ma un peso mantenuto nel tempo. Tanto più che recuperare i chili persi abbassa il metabolismo basale e porta a un aumento del grasso viscerale, quello tra un organo e l’altro, che favorisce l’arteriosclerosi. La dieta ipocalorica, in conclusione, a lungo andare porta a un aumento di peso ed è dannosa. Le diete convenzionali hanno una percentuale di fallimenti mediamente del novanta per cento. Tutte le statistiche che utilizzano la dieta ipocalorica riportano più o meno gli stessi risultati. Si può credere che in tutto il mondo gli individui sovrappeso siano dei fannulloni perdigiorno, privi di volontà? Il nostro organismo funziona con meccanismi biologici perfetti che si sono selezionati nei millenni per combattere la cronica mancanza di cibo che ha caratterizzato tutta la nostra storia e in cui purtroppo si trova ancora la maggior parte dell’umanità. Infatti l’abbondanza di cibo delle nostre società ricche è molto recente. In poche parole, il nostro corpo ha imparato benissimo a combattere la magrezza, mentre, invece, è totalmente incapace di difendersi dal sovrappeso.»
Lella di fronte a tali argomentazioni era veramente stupita: per la prima volta non veniva colpevolizzata per quel giro vita troppo adiposo.
«Allora come si fa?»
«Per cominciare deve fare esercizio fisico regolare tutti i giorni.»
Lella ha cominciato a protestare.
«Ma io lavoro non ho tempo.»
«Il tempo deve trovarlo, lo fa per la sua salute.» ha detto inflessibile la dottoressa.
Arresa ha chiesto timidamente «Che tipo di esercizio fisico devo fare?»
«Quello che vuole» ha risposto, più accomodante «non usa l’ascensore, parcheggia l’auto più lontana e cammina, si compra qualche attrezzo ginnico da casa. Poi si compra un quaderno grande e comincia a fare il diario alimentare.»
A questo punto la mia amica non capiva più niente, non aveva mai sentito parlare di una roba così strana. Prima di uscire si è fatta coraggio e le ha chiesto perché aveva appeso una foto di Marilyn Monroe.
«Vorrei far capire alle mie pazienti che bellezza non è sinonimo di felicità.»

Lella è uscita abbastanza esaltata, ma già a pochi passi dall’ambulatorio cominciavano i dubbi.
Mentre apriva la portiera dell’auto pensava tutto bellissimo, ma dove sta la fregatura?





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