Studio della figura corporea: Celeste
Arrivo con qualche minuto di ritardo e sono già tutte là ad aspettarmi.
Entriamo, ci sediamo.
-Allora che ne è della vostra vita in questo inizio estate? - esordisco mentre le guardo una ad una.
Iniziano a raccontare le cose successe negli ultimi giorni. La più giù di corda è Celeste. Ha avuto un problema con una compagna di scuola. Nel parlarne le scende qualche lacrima. Noto che anche qualcun’altra ha gli occhi umidi.
- Vuoi raccontarci tutto per bene? – le chiedo con dolcezza.
- Non farò perdere troppo tempo? – domanda tirando su col naso e asciugandosi i lucciconi col dorso delle mani proprio come una bambina. Emerge dalle sue parole che l’altra è gelosa e invidiosa delle attenzioni maschili che Celeste suscita nei coetanei. Pensare che lei, invece, ne è impaurita. Non vorrei che tutta questa faccenda la portasse indietro sul suo cammino di autoaffermazione.
Propongo di commentare il suo schizzo.
- Ne ho due. – dice tirandoli fuori dal quaderno del diario alimentare - Questo tema l’abbiamo toccato anche due anni fa al centro ospedaliero. Ho pensato che magari era utile anche il vecchio.–
- Buona idea! – dico osservandoli – Spero che il vecchio sia quello dell’impiccato. – Sorrido ma, in fondo in fondo, tremo un po’.
- Si,si. Sono io l’impiccato comunque. –
- Perché? E poi cosa c’è fuori dal foglio che tiene la corda? - fa Annamaria.
- Non so spiegare il perché. Però era un periodo molto difficile. Mi sentivo soffocare. In casa tutti mi controllavano e anche a scuola mi sentivo tutti gli sguardi su di me. Una pressione terribile! Fuori dal foglio c’era qualcosa di tremendo che mi prendeva alla gola togliendomi il respiro. Non sapevo cos’era, ma mi faceva paura anche disegnarlo. –
- Gli operatori ospedalieri cosa hanno detto a proposito della forca? – domando curiosa.
- Niente di particolare. Ricordo, però, che in quell’incontro c’era una ragazzina giovanissima. Quando l’ha visto è scoppiata a piangere disperatamente. Sono rimasta molto turbata. Mi sono resa conto che era spaventoso quello che avevo fatto. -
- In questo di adesso non sei impiccata ma anche qui non stai messa bene. Sei dietro le sbarre! – osserva Annamaria.
- Già! – risponde l’altra seria – E’ difficile spiegare… Mi sento effettivamente in una prigione però anche al sicuro. E’ una prigione che anche mi protegge. –
- Da cosa? –
- Dal mondo… Ma più di tutto dalla mia famiglia, soprattutto dalla mia mamma! -
- E’ terribile questa cosa per me che sono madre! Spero che un giorno i miei figli non si debbano proteggere da me! – dice Susanna tirando fuori un fazzolettino e asciugandosi una guancia.
Io la guardo e dico – Vedrai che non succederà! Sei una persona equilibrata e una madre in gamba. –
- Non so… - continua Susanna - vorrei, in qualche modo, difendere la categoria delle madri, ma ammetto che anche io, a volte, guardo i compagni di scuola dei miei figli e penso – Sarà dura la vita per te, piccolo, con quei soggetti lì come genitori!- Scusa un’ultima domanda, cosa sono quelle onde che ti sei fatta intorno nel vecchio? - Susanna porge i disegni a Guenda. -
- Niente di speciale. Per riempire. –
- Non potevi lasciare il vuoto? – le chiede quest’ultima.
- Mi spaventa il vuoto, non mi piace. –
Rosita guarda i fogli con interesse e nota – In quello di adesso ti sei fatta molti capelli mentre in quello di tempo fa eri quasi senza. Come mai? –
- Mi piacciono i miei capelli. Mi ricordo, in terza elementare, una bambina a cui ero molto legata mi disse – Sembrano tante nuvole. -
Penso che è la prima volta che la sento farsi un apprezzamento positivo.
Piccoli passi avanti.
Celeste riprende – Nel periodo dell’impiccato li odiavo i miei capelli perché ero convinta che mi facessero notare mentre io avrei voluto sparire. Eppure mi sono sempre piaciuti. Ma adesso, però, mi piacciono di nuovo. Strano… mi accorgo adesso di questo cambiamento. Forse è positivo. –
- Si, credo di si. – Nel disegno di adesso ci sono cose bizzarre quindi continuo facendole qualche domanda.- Nel disegno attuale ti sei fatta con gli occhi chiusi. Perché? –
Mi guarda come se si aspettasse una sgridata – Non van bene gli occhi chiusi? -
- No, no assolutamente. Ognuno è libero di rappresentarsi come vuole. Domando per conoscere il motivo. -
- Mi piace chiudere gli occhi. Posso immaginare quello che voglio, un mondo migliore. Forse, però a pensarci bene, mi ricorda un gioco che facevo con mia nonna. Volevo molto bene a mia nonna. E’ stato veramente brutto quando è morta. –
- Posso chiedere una cosa io? – fa Laura che fino a quel momento è stata in silenzio.
Celeste si volta a guardarla e sorridendo la incoraggia a proseguire.
- Perché il vestito a righe? –
- Ma un po’ per sdrammatizzare. Ma non solo. Non sono fuori da questa strana malattia e poi sono in prigione. –
- Beh, sinceramente mi pare che qualche passetto avanti dall’impiccato c’è stato! – commenta Fulvia.
- Forse si… dai. - ammette Celeste.
- Che ne pensano quelle che stasera non sono intervenute? – chiedo a Milena, Elisa ed Alessandra. Sono sedute vicine e si guardano l’un l’altra.
- Abbiamo ascoltato. No? – risponde Elisa guardando le altre.
- Si. Interessantissima questa analisi di noi stesse con i disegni. Mi sono ritrovata molto nei concetti espressi da Celeste. Vedremo cosa salterà fuori dal mio. Spero di non deludervi. – fa Alessandra con tono triste.
- Siamo qui per aiutarci e non per giudicarci, ragazze. – dico alzandomi per uscire.
Milena dice sistemando la sua sedia - Anche io ho ascoltato con attenzione. – si trattiene ma la voce la tradisce – Scusate, ma a me Celeste mi fa sempre un po’ commuovere. E’ così giovane! Sarà perché penso alle mie figlie e un po’ anche alla sua mamma. – Celeste a queste parole alza la testa di scatto guardandola in modo aggressivo. Milena abbassa lo sguardo.
- Anche a me mi fa sempre fare la lacrimuccia! – aggiunge Susanna.
- Dai usciamo, forza. Che se no qui andiamo troppo sul sentimentale! -
Tutte escono e finalmente, anch’io sono fuori. Ho bisogno di aria, alzo gli occhi.
C’è una luna stupenda!